Skip to content

L’arte per pensare

L’arte “non è una serie di oggetti piacevoli ma un modo per chiarire a noi stessi la nostra vita mentale”.
Questa proposta (di uno psicologo – Parsons, 1987 – che studia come i bambini si appassionano agli oggetti d’arte) si oppone alla purtroppo diffusa idea che l’arte sia soprattutto divertimento, intrattenimento, distrazione piacevole, decorazione…
Ci suggerisce invece che essa è un potente stimolo a riflettere, a ragionare e a provare emozioni, e mette in luce le modalità con cui la nostra mente attribuisce significati agli artefatti. Infatti l’arte induce, in chi la fruisce e in chi la produce, un complesso processo psichico interpretativo ed emotivo. Comprendere l’arte è un processo lento, che impegna per lunghi anni i bambini e che è facilitato dalla possibilità di fare esperienza di artefatti artistici, di commentarli e di discuterne insieme con adulti attenti e sensibili (Santi, 1997). In realtà, comprendere e apprezzare l’arte è un apprendistato mentale non solo per i bambini, ma anche per gli adulti, esperti d’arte o meno.

L’arte ci induce a formulare concetti, convinzioni e desideri riguardo da un lato i contenuti espressi, e dall’altro lato le possibilità che le persone hanno di rappresentare tali contenuti. Come dire che un bambino apprende sia qualche cosa su un certo oggetto che lui stesso raffigura o che vede in un quadro, sia che è possibile rappresentare quel certo oggetto in un modo che sia riconoscibile a lui stesso e poi anche agli altri, e che è possibile farlo con modalità espressive, cioè comunicando qualche cosa (pensieri, emozioni, desideri…) anche dell’autore di quella rappresentazione.
Proprio la funzione comunicativa dell’opera d’arte è presente in due sue cruciali aspetti: indicare i referenti esterni e, nello stesso tempo, evocare lo stato d’animo del creatore (Callaghan, 2003). I bambini, infatti, trattengono nella mente il significato manifesto del simbolo, aggiornandolo con una serie d’informazioni (colori, forme), e producono inferenze (tanto più accurate quanto più crescono e acquisiscono competenze culturali e sociali) sullo stato mentale di chi ha creato il simbolo stesso.
Sollecitare e analizzare le interpretazioni emotive che le opere d’arte inducono è estremamente interessante: rappresenta un modo privilegiato per svelare i ragionamenti di chi si accosta a un’opera d’arte. Ciò è vero soprattutto per i bambini, in quanto le emozioni sono qualità propriamente umane ed è più facile, per loro, ragionare su ciò che conoscono per esperienza diretta.

Vediamo così come l’opera d’arte sia dal punto di vista psicologico un vero e proprio crocevia di relazioni, uno snodo che consente il passaggio di ipotesi sui pensieri, desideri, intenzioni, emozioni… sia dell’artista sia dei fruitori. Questo è ciò che ha fatto dire ad alcuni studiosi (tra cui Freeman, 2004; Callaghan, 2003; Gilli, Gatti, 2004; Ruggi, Gilli, 2007) che l’arte è un formidabile stimolo comunicativo, in cui peraltro l’esigenza interpretativa ed ermeneutica è fondamentale, poiché non esiste una sola verità conclusiva sul significato di un’opera.
Una bambina al Louvre
L’arte è un processo di conoscenza
Conoscenza del mondo (se con mondo intendiamo qualsiasi oggetto, pensiero, entità raffigurabile) e conoscenza della mente degli esseri umani, cioè delle loro intenzioni, dei loro desideri, paure, pensieri… D’altra parte, tutti sappiamo come i bambini riescano a ipotizzare con facilità le intenzioni e lo stato d’animo dell’autore di un disegno a partire dal disegno stesso (Callaghan, 2003; Bloom, 2004).
Comprendere l’arte significa anche avere cognizione e rispetto delle procedure, delle tecniche, dei materiali, degli stili…che ne sono la base. Solo così l’intervento educativo centrato sull’arte si sposta dall’area della ricreazione, del divertimento, della marginalità, per diventare strada maestra di cultura.

Una seria sensibilizzazione alla comprensione e alla produzione di artefatti espressivi è uno strumento molto importante ai fini della costruzione del benessere del bambino e anche della sua identità. L’apprendimento – come hanno osservato Wood, Bruner e Ross (1976) – avviene per Esperienza Mediata dove l’adulto (o il compagno più esperto) svolge un’azione di scaffolding, ossia offre un sostegno all’attività del bambino, il quale, diventando progressivamente esperto, sarà sempre più autonomo.
L’adulto e il compagno maggiormente competente possono inoltre guidare il bambino più piccolo alla “zona di sviluppo prossimale” definita da Vygotskij come “la distanza tra il livello evolutivo reale, determinato in termini di autonoma capacità di soluzione di problemi sotto la guida di un adulto o in collaborazione con coetanei più capaci” (1978, p.86), ossia quella zona dello sviluppo con modi di funzionamento più elevato.
Il gruppo classe viene inteso, quindi, come comunità di ricerca secondo quanto indicato dalla Philosophy for Children di Lipman in cui ognuno condivide con gli altri la fatica e il piacere di trovare risposte attraverso il discorso argomentativo. La ricerca prende origine da dubbi e credenze, su di essi la classe esplora, valuta e si confronta attraverso riflessioni e critiche. In questo modo si giunge a una negoziazione continua di significati, teorie e visioni del mondo e si intraprende un percorso di costruzione sociale della conoscenza (Cosentino, 2003).
__________
Spunti di riflessioni tratti da ARTE E BAMBINI… DISCUTIAMONE.
Riflessioni Tra Teoria, Metodo E Laboratorio – GABRIELLA MARIA GILLI, LUCIA COLOMBO, MONICA GATTI, SIMONA RUGGI Unità di Psicologia&Arte – Università Cattolica di Milano.
L’articolo completo è stato pubblicato da Scuola materna
per l’educazione dell’infanzia, Brescia, 2, I-XIV ISSN 0302-2820