La cittadina americana di Winterset conta poco più di 5.000 abitanti ed è famosa per aver dato i natali a due illustri americani: l’attore John Wayne e il Monuments Man George Stout.
Prima della Seconda guerra mondiale, Stout aveva lavorato come assistente al Fogg Art Museum, il museo dell’università di Harvard, dove si era dedicato alla conservazione delle opere d’arte, studiandone i materiali, le cause di degrado e i possibili interventi di restauro. Tuttavia a partire dal 1936, con la guerra di Spagna, divenne evidente a tutti gli esperti del settore culturale che le nuove armi di guerra avrebbero potuto recare alle opere d’arte danni ben più gravi di quelli fino ad allora studiati dai conservatori. Fu così che anche George Stout iniziò a lavorare a un opuscolo sui danni causati alle opere d’arte dai bombardamenti aerei, fino ad ampliare le proprie riflessioni a un vero e proprio piano per affrontare in maniera sistematica il tema della protezione delle opere d’arte nelle zone di guerra.
Stout avanzò le sue proposte in una famosa riunione tra importanti direttori di musei americani nel dicembre del 1941. Tuttavia si scontrò con le resistenze dell’establishment culturale americano: un mondo dirigenziale fatto di relazioni personali e di interessi politici, poco digeribile per un operatore museale, figlio di operai, abituato a lavorare sul campo. Così nel 1943, di fronte a una situazione di empasse, Stout decise di arruolarsi nuovamente in marina, dove aveva già servito durante la Prima guerra mondiale: voleva rendersi utile e cercare di dare un contributo alla protezione del patrimonio europeo.
Malgrado la diffidenza di Stout, i direttori dei musei americani fecero pressione sul presidente Roosevelt e ottennero la nomina di una commissione dedicata a organizzare la protezione delle opere d’arte nelle zone di guerra. Era il dicembre del 1943 e questa decisione del Presidente americano pose le basi per la nascita della sezione Monumenti, Belle arti e Archivi: le idee avanzate da Stout, un tempo accompagnate alla porta, sembravano rientrare dalla finestra.
Fu così che nel 1944 George Stout fu chiamato a far parte della nascente sezione Monumenti e fu tra i 15 Monuments Men che sbarcarono in Normandia con lo scopo di proteggere i beni culturali dai furti e dalle distruzioni di guerra. Si distinse per essere un lavoratore instancabile, un uomo di infinita gentilezza stimato da tutti i colleghi. Già nel dicembre dello stesso anno ottenne una promozione e si occupò del coordinamento degli altri uomini della sezione, alternando sopralluoghi sul campo alla stesura dei rapporti per le autorità militari. Seppur lontano dal campo di battaglia, dal suo ufficio Stout seguiva le operazioni di guerra tramite grandi mappe, tenendo traccia di tutte le informazioni raccolte dagli interrogatori con lo scopo di individuare i nascondigli delle opere rubate dai nazisti.
Nella seconda metà del Novecento Stout divenne un conservatore di fama internazionale ma il contributo di Stout durante la Seconda guerra mondiale fu dimenticato, complice la sua personalità discreta con cui sminuiva l’importanza del suo lavoro. Eppure nel 1945, a 47 anni, Stout aveva contribuito alla creazione della sezione Monumenti, formato i nuovi membri del suo reparto, ispezionato quasi tutti i nascondigli tedeschi a sud di Berlino e a est del Reno, percorrendo quasi 80.000 km, e tutto con un solo giorno e mezzo di permesso. Per dirlo con le parole del collega Monuments Man Lincoln Kirstein:
“Era il più grande eroe di tutti i tempi.
Ha concretamente salvato le opere d’arte mentre tutti parlavano di farlo”.
La citazione è tratta MONUMENTS MEN: Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia, un libro scritto da Robert M. Edsel, edito da Sperling & Kupfer.