Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, le massime autorità della cultura italiana avevano intuito che Mussolini avrebbe potuto seguire la Germania nel conflitto. Per scongiurare il pericolo dei bombardamenti aerei, il Ministero dell’Educazione Nazionale diede vita alla cosiddetta “operazione salvataggio”, che prevedeva lo spostamento delle opere d’arte mobili fuori dai centri urbani e la protezione in loco di quei beni che non potevano essere movimentati per motivi di carattere logistico.
Fu così che quando Mussolini dichiarò guerra alla Francia nel giugno 1940, il giovane Pasquale Rotondi, storico dell’arte e da poco Sovrintendente alle Gallerie e alle Opere d’Arte delle Marche, stava già lavorando per mettere in salvo i capolavori delle collezioni marchigiane nella Rocca di Sassocorvaro, un Comune poco distante da Urbino.
L’organizzazione di Rotondi colpì molto il collega Rodolfo Pannucchini, Sovrintendente di Venezia, che chiese a Rotondi di ospitare i capolavori dei musei veneziani. Iniziò così un lento esodo di importantissime opere d’arte verso il territorio amministrato da Rotondi e la Rocca di Sassocorvaro fu lieta di ospitare opere come la Tempesta di Giorgione e il tesoro della Basilica di San Marco, provenienti da Venezia.
Con il peggiorare della guerra crebbe la preoccupazione per altri tesori della Penisola, soprattutto per le collezioni della Lombardia e del Lazio. I depositi di Rotondi sembravano la soluzione ideale ma la Rocca di Sassocorvaro aveva raggiunto la piena capienza con le collezioni veneziane. Rotondi recuperò un nuovo rifugio, una residenza offerta dai principi di Carpegna, e grazie a questo nuovo nascondiglio anche i reperti archeologici del Castello Sforzesco poterono trovare rifugio nella Marche, insieme ai Caravaggio romani provenienti dalla chiesa di San Luigi dei Francesi. Seguirono a stretto giro opere provenienti dalla Pinacoteca di Brera e dal Museo Poldi Pezzoli di Milano, al punto che entro l’estate del 1943 Rotondi arrivò a custodire oltre 3.800 capolavori provenienti da tutta Italia.
Con l’armistizio dell’8 settembre l’Italia cambiò fronte e vide il proprio territorio occupato dai nazisti. A fine ottobre un evento particolarmente spiacevole scosse Rotondi: un sopralluogo di soldati tedeschi a Palazzo Carpegna, convinti di trovarci armi e munizioni, determinati a ispezionare le casse nascoste nel palazzo. Ne aprirono solamente una in cui trovarono i manoscritti di Giochino Rossini, sancirono che si trattava di vecchie scartoffie e se ne andarono. Tuttavia, l’episodio fu sufficiente ad allarmare Pasquale Rotondi, che corse alla Rocca di Sassocorvaro, dove prelevò alcuni capolavori per trasferirli direttamente a Villa Tortorina, dove risiedeva: tra questi, passarono alle cronache il San Giorgio del Mantegna e soprattutto la Tempesta di Giorgione, tela che nascose direttamente sotto il proprio letto.
Era ormai evidente che i due depositi marchigiani non sarebbero stati sufficienti a proteggere le opere da una guerra di terra ormai imminente. Fu così che alcuni importanti esponenti delle istituzioni culturali italiane entrarono in contatto con Monsignor Montini per ottenere l’aiuto del Vaticano: per quanto possa sembrare paradossale, la cinta muraria della Santa Sede, nel cuore di un grande città come Roma, sarebbe stata la scelta più sicura.
Papa Pio XII si offrì di custodire le opere dei depositi marchigiani ed Emilio Lavagnino, ispettore centrale della direzione delle Antichità e belle arti, raggiunse Rotondi nella Marche, munito di autocarri e di prezioso carburante. Rotondi e Lavagnino poterono così attuare i loro piani, trasportando le opere in sicurezza nella Santa Sede: si trovarono a viaggiare di notte, sotto la pioggia e la neve, su strade dissestate a causa delle bombe. Lavagnino aveva raggiunto Rotondi il 20 dicembre del 1943 e le operazioni durarono fino al 16 gennaio 1944.
Lavagnino continuò successivamente a effettuare incursioni a Roma, per portare in salvo altre opere delle chiese e dei musei romani. Il Vaticano si trovò così a custodire forse la più grande concentrazione di opere d’arte di valore inestimabile mai vista: oltre alle collezioni vaticane, ospitò i capolavori di alcuni dei più importanti musei italiani, come la Pinacoteca di Brera, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Galleria Borghese e il Museo Nazionale di Napoli.
La guerra non era ancora finita ma alcuni dei più grandi tesori dell’arte mondiale, per il momento, potevano essere dichiarati al sicuro.