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L’occhio di Horus

Tra i potenti simboli che l’Antico Egitto è stato in grado di tramandare fino ai giorni nostri ce n’è uno davvero affascinante: l’occhio di Horus. Considerato una sorta di portafortuna fisico e spirituale, veniva indossato per ricevere protezione e far guarire le ferite; potente amuleto donava la capacità di vedere oltre il visibile.

Secondo il mito, il dio Osiride fu il primo grande re dell’Egitto, inventore dell’agricoltura e della religione, fu il promotore di una grande opera di civilizzazione, finendo così per attirare le invidie del fratello minore Seth. Osiride venne ingannato da Seth che gli tese una trappola: lo chiuse in un sarcofago e lo gettò in fondo al Nilo, causandone la morte.

Horus figlio di Osiride, una volta cresciuto volle vendicare la morte del padre: iniziò una tremenda battaglia con lo zio, il quale meschinamente, in un momento di riposo, strappò l’occhio al nipote, facendolo a pezzi. Thot, dio della conoscenza lo ricompose ma non trovandone una parte aggiunse una lacrima, simbolo del potere magico che gli diede in dono.
Horus sconfisse per sempre il malvagio Seth e il suo occhio divenne simbolo di rinascita, tanto da essere ritrovato anche sotto il dodicesimo strato di bende che avvolgevano la mummia di Tutankhamon.

Gli Egizi utilizzavano questo simbolo non solo in ambito religioso ma anche matematico; la leggenda nasconde infatti la spiegazione delle frazioni, in cui l’occhio di Horus rappresenta l’unità e le sue parti, le frazioni con denominatore 64.
Sommando tutte le parti si ottiene 63/64 (1/2 la parte verso il naso + 1/4 la pupilla + 1/8 il sopracciglio+ 1/16la parte verso l’orecchio + 1/32 la parte curva verso la bocca + 1/64 la parte finale che va verso terra).

E 1/64 mancante?

Semplice, è la lacrima di Thot donata a Horus; questo per indicare che nell’eseguire una divisione non importava andare oltre la approssimazione del risultato esatto per 1/64.

Geniale, no?

 

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