I bambini hanno bisogno di un tempo lento, hanno bisogno di essere ascoltati, di essere pensati. Fermarsi a riflettere sul rapporto tra tempo e bambini ci costringe a costatare che molti dei bambini di oggi sono “velocizzati”, fanno cioè troppe cose, le fanno troppo in fretta, sanno troppe cose, e le sanno troppo in anticipo rispetto all’età che hanno.
Hanno una vita pieni di impegni. C’è la tendenza degli adulti ad accelerare, in generale, le tappe evolutive infantili. Riempire troppo le giornate dei bambini (e anche le nostre), anticipare il loro contatto con esperienze e argomenti, anziché aspettare, illude soprattutto gli adulti, che il tempo sia governabile e controllabile.
Un bambino “accelerato” da esigenze adulte, rischia di non essere ascoltato nei suoi bisogni, rischia che non gli vengano riconosciuti i tempi personali, l’esigenza di pause, di soste, di imparare a “perdere tempo”. Un continuo incalzare di impegni rischia anche di portare il bambino ad “annoiarsi”. Ad avere sempre la necessità di un adulto che gli dica cosa fare e che non sappia stare solo con i suoi giochi in cui vengono messi in scena pensieri, desideri e paure e in cui il bambino impara a riconoscere e gestire le proprie emozioni.
“La foresta delle fiabe” Edvard Munch 1901-02
Il tempo perso diventa il fermarsi in una dimensione emotiva, affettiva e relazionale indispensabile per accrescere quelle risorse affettive utili nel far fronte agli eventi negativi e a riconoscere quelli positivi, ma anche l’acquisizione di schemi cognitivi grazie a cui il pensiero diventa sofisticato e raffinato. L’esperienza dell’attesa è indispensabile per imparare a desiderare, a delineare nella mente gli avvenimenti futuri.
Saper attendere significa inventare storie: narrazioni su ciò che vorremmo accadesse, sui desideri e sul futuro.
La scuola e la famiglia possono essere pensate come un luogo di educazione al tempo, capace di lasciare spazio alle soggettività. La scuola propone il tempo dell’apprendimento, ma anche i tempi per la relazione, che sono tempi lunghi di avvicinamento lento.
Nella relazione è fondamentale il tempo dell’ascolto: il bambino ha bisogno di raccontare, di esitare e sostare. Parlare del tempo significa quindi interrogarsi anche su quale scuola vogliamo e fare scelte responsabili che abbiano in mente il futuro, i bisogni infantili di sicurezza ma nello stesso tempo di sperimentazione, di scoperta e di crescita personale.
Simona Ruggi da “E se raccontassimo una storia?”
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