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Fenrir (Miti nordici)

Voce narrante di Paolo Monesi

Fenrir è un gigantesco lupo leggendario della mitologia norrena. Fenrir venne generato dall’unione del dio Loki con la gigantessa Angrboða: nacquero con lui il serpente Jormungand e la sorella Hel. Fu successivamente allevato nella foresta di Járnviðr (“foresta di ferro”) da una strega. Per ordine di Óðinn visse nell’Ásgarðr. Cresceva in dimensioni e ferocia, tanto che solo un dio, Týr, ebbe il coraggio di portargli regolarmente di che cibarsi.

Nonostante le allarmanti profezie per cui da questa creatura terribile sarebbero venute solo disgrazie, gli dei decisero di incatenarlo senza ucciderlo. Per riuscire nell’impresa di legarlo, gli dei lo convinsero a mettere alla prova la propria forza.

Fenrir spezzò facilmente la prima catena, Lǿðingr (letteralmente: “che lega con astuzia”).

Così fece anche con la seconda catena, più robusta, chiamata Dròmi (letteralmente: “frenante”).

Gli dei, vedendo che Fenrir continuava a crescere smisuratamente, decisero di mandare un servitore di Freyr nel regno degli elfi per farsi fare una catena magica. Gleipnir (“che divora”, o “che deride”) fu allora costruita da certi nani con barba di donna, rumore del passo di gatto, radici di roccia, tendini d’orso, respiro di pesce e saliva (o latte) di uccello.

È da quel giorno, si narra, che le donne non hanno più la barba, i gatti balzando non emettono suono e sotto le rocce non crescono radici. La corda era molto sottile e somigliava a una striscia di seta, tuttavia spezzarla era impossibile. Fenrir venne convocato dagli dei sull’isola Lyngvi.

Gli venne proposto di provare a spezzare anche quella fune, ma l’enorme essere si fece sospettoso, temendo la presenza – a ragione – di qualche inganno o potente incantesimo. Il lupo accettò di venire legato solo dopo che Týr propose di mettere la propria mano tra le fauci di Fenrir a garanzia dell’onestà delle parole degli altri dèi.

Appena il lupo tentò di liberarsi da Gleipnir non vi riuscì, pur esercitando tutta la sua terribile forza. Gli dei scoppiarono a ridere assistendo allo spettacolo, tutti tranne Týr. A quest’ultimo, com’era prevedibile, fu mozzata di netto la mano. L’estremità della catena fu fermata da due rocce. Durante l’azione Fenrir tentò varie volte di azzannare i suoi carcerieri, così che gli venne infilata una spada tra le fauci in modo che non potesse più mordere.

Da quel giorno il lupo, folle di rabbia, ulula e sbava saliva mista a sangue dando origine al fiume chiamato Vön (letteralmente: “attesa”). Così Fenrir dovrà rimanere sino al giorno di Ragnarök, la fine del mondo, in cui tutti i legami saranno spezzati e in cui finalmente anche il lupo si libererà e avanzerà con le fauci spalancate tanto che la mascella inferiore toccherà la terra e quella superiore il cielo. Ingoierà il sole e divorerà Óðinn, dopodiché combatterà fino alla morte contro Víðarr, il figlio di Óðinn che vuole vendicare il padre.