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Un timido ragazzo di campagna: alle origini del fenomeno Chagall

Fotografia di Marc Chagall

Qual è il colmo per un pittore?


Combinarne di tutti i colori… oppure avere abiti che non gli calzano a pennello!

Vedetela così: un altro possibile colmo per un pittore è crescere in una casa senza nessuna immagine, icona o opere d’arte che sia.

Ecco, questo è proprio quello che accadde al piccolo Moishe Shegal, un bambino timido, nato in una casa spoglia di qualsiasi oggetto artistico nella Bielorussia di fine ‘800.

Non tanto per le condizioni economiche, umili ma comunque modeste, quanto piuttosto per l’origine ebraica ortodossa della sua famiglia, che impediva la riproduzione di qualsiasi creatura di Dio, e quindi, di tantissimi soggetti.

Come spesso accade, dobbiamo ringraziare la mamma di Moishe per averlo aiutato a diventare uno dei più grandi artisti del Novecento, mettendolo sulla buona strada.

Infatti, fu proprio lei a portare il figlio a lezione dell’unico artista della cittadina in cui abitavano, finendo per causare il risentimento di uno zio particolarmente devoto che si smise di stringere la mano a Moishe dal momento in cui iniziò a dipingere.

Oggi la parola Shegal forse non ci dice molto, eppure il suono di questo cognome ce ne ricorda un altro: CHAGALL, quello scelto da Moishe per suonare francese.

Malgrado le difficoltà iniziali, Moishe diventò famoso in tutto il mondo. Fu tra i pochissimi artisti arrivati a esibire le proprie opere al Louvre quando era ancora in vita, portando comunque con sé una parte importante della sua infanzia e delle sue origini.

Innanzitutto, Chagall portò negli occhi i protagonisti della vita contadina in Bielorussia, come le mucche, i galli e i cavalli che popolano i suoi dipinti.

Portò con sé anche le origini ebraiche, per cui fu oggetto di discriminazione e per cui fu obbligato a fuggire in esilio a New York durante la Seconda guerra mondiale.

Infine, non abbandonò mai completamente la timidezza di quando era bambino: fu un adulto schivo, che amava stare lontano dai riflettori.

Si racconta infatti che, quando qualcuno voleva sapere se lui fosse proprio lui il famoso Chagall, Moishe rispondesse con fare dispettoso, indicando qualcun altro e affermando: “Magari è lui!”.

 

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